Le Scalze – Chiesa di San Giuseppe a Pontecorvo
Dead Nations: golden age version
A cura di Marina Dacci
21.09 – 25.10 2019
Cosa mettiamo della nostra storia in una capsula del tempo?
Che tracce lasciamo?
La chiesa di San Giuseppe delle Scalze accoglie le opere di Evgeny Antufiev nel mistero della sua penombra e delle sue ferite.
Il progetto è un inventario, una spremitura della nostra identità, una narrazione per immagini di valori, fragilità, desiderio di potere e di immortalità che hanno caratterizzato l’andamento della nostra storia. … Antufiev lascia tracce, una sorta di “eredità” di un’epoca finita o che sta per finire, ma che ha l’ambizione di rivolgersi a una qualche posterità, spinta da un horror vacui per paura di scomparire, di estinguersi.
L’artista si confronta con un’architettura religiosa; si interroga sull’idea di chiesa intesa non solo come luogo di preghiera, ma come depositaria di un racconto della storia umana, dell’essenza dell’umano: pregna di segni, di segreti da scoprire. Declina lo spazio come una capsula del tempo, una navicella in cui chi giunge dal futuro rinviene artefatti e oggetti simbolici che testimoniano ciò che l’uomo ha prodotto e ha voluto lasciare nel suo passaggio. L’immortalità nella memoria è cosa nota: qui Antico e Futuribile si mescolano in una sorta di game in cui aleggia il mistero.
Tutta la mostra è un racconto aperto a interpretazioni multiple che scardinano la dimensione spazio
temporale in cui l’energia si sviluppa in un processo circolare grazie anche a una commistione formale tra il pop e la rilettura della cultura classica.
Al centro della navata una tenda, un tempio nel tempio, che accoglie la scacchiera del destino realizzata in ceramica e bronzo e un mosaico incompiuto con oggetti di scavo: reperti di un’antica civiltà. La tenda è segnata sulle pareti esterne da graffiti che richiamano la relazione tra permanenza e impermanenza.
Sopra l’ingresso incombe dal ballatoio, sospesa, una gigantesca maschera d’oro: immagine illusoria che si presenta con prepotenza fluttuando in uno spazio dal tetto squarciato. Mistero sul futuro o riflessione amara sul presente?
Nella mostra la presenza potente dell’oro rimanda al suo valore simbolico e alla sacralità dell’immagine divina, ma anche ad un’irrefrenabile ricerca umana del potere e del denaro che spesso sono stati causa di declino e caduta nel corso della storia e coazione al consumo in quella attuale. Nel transetto e nelle nicchie laterali sono collocati vasi in ceramica di grande formato su cui sono inscritti segni e figure che riconducono al tema/desiderio di immortalità e piccole fusioni immaginifiche della nostra mitologia (o forse superfetazioni biologiche di cui siamo gli artefici?) nonché fusioni di forma esagonale come celle di un alveare. L’esagono, dal significato specifico nella geometria sacra delle antiche culture, è anche la forma dell’esagono solare: l’impronta magnetica del sole il suo ritmo che ha dato vita e dà vita al nostro universo.
Il colore dorato si ripresenta in molte opere: una parete della chiesa è trattata come una quinta teatrale; in altri spazi e pertugi dell’edificio sono collocati piccoli fiori, farfalle, uccelli, a testimoniare la costante tensione umana per una fusione col mondo naturale e la sua ambivalente complessità.
Sul tabernacolo dell’altare e in due nicchie angeli guerrieri proteggono lo spazio.
Lo sguardo del visitatore come in una science fiction, osserva dall’esterno la nostra storia passata e presente con gli occhi del futuro.
Durante l’inaugurazione dal pulpito della chiesa sarà eseguito un brano per sola voce composto dall’artista. Coriandoli dorati, sparati al termine dell’esecuzione canora, resteranno depositati sul pavimento della navata: frammenti di una festa consumata nel lusso di nazioni al declino.
Marina Dacci
La mostra ha ricevuto il matronato della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee / museo MADRE di Napoli.
Si ringraziano tutte le associazioni che formano il coordinamento Le Scalze per la disponibilità all’uso dello spazio e per la collaborazione.