Artist’s Residence
Chiara Camoni
Martin Soto Climent
Eugenio Tibaldi
Marco Pio Mucci
Petra Feriancová
dal 28.10.2018
Chiara Camoni e Martin Soto Climent
Dopo essersi aperta al pubblico, attraverso mostre e incontri, la Collezione Agovino prosegue il suo percorso di ricerca e di promozione culturale e territoriale, attivando una residenza d’artista, con il coordinamento di Francesca Blandino, nello splendido resort di charme Aquapetra Resort & Spa, situato nel cuore del verdeggiante Sannio Beneventano, caratterizzato da filari di vite, uliveti centenari e floride colline. Il progetto prevede la realizzazione di un parco delle sculture, senza impostazione tematica, che lascia agli artisti la libertà di interagire con lo spazio e la natura.
La residenza ospiterà ogni anno due artisti, uno di nazionalità straniera e uno italiano, che saranno selezionati dalla Collezione Agovino e il cui sguardo sarà rivolto al complesso rapporto uomo-arte-natura, quest’ultima declinata nell’accezione di natura naturans, entità portatrice di una sacralità laica ed ecologica. L’intento principale è quello di instaurare un dialogo tra paesaggio e arte contemporanea, quale fonte di sapere e di esperienza, oltre che di godimento estetico, in linea con i principi che animano il resort, catalizzatore di energia e benessere corporeo e spirituale.
I primi artisti ad inaugurare la residenza, che si struttura in due parti, sono Chiara Camoni (1974, Piacenza) e Martin Soto Climent (1977, Città del Messico). Nella prima parte, che si svolgerà nella seconda metà di ottobre, gli artisti avranno la possibilità di dialogare fra loro e con lo spazio rurale e architettonico del resort, per esplorarne le potenzialità espressive ed estetiche. La seconda parte avrà luogo nel mese di maggio, periodo in cui gli artisti lavoreranno per realizzare e installare le loro opere, inedite e site-specific, che saranno presentate al pubblico in una seconda inaugurazione e acquisite da Aquapetra Resort & Spa per comporre il parco d’arte.
Eugenio Tibaldi. HABITAT 01
Il nuovo progetto vedrà la presentazione dell’installazione HABITAT 01 dell’artista Eugenio Tibaldi, lavoro site specific, ideato per gli spazi della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, in occasione della mostra Notturno con Figura. Primo corollario sulla vibrazione a cura di Lucrezia Longobardi.
Da sempre impegnato in una acuta osservazione e documentazione delle aree periferiche, Eugenio Tibaldi nel corso degli anni ha maturato una vera e propria ricerca sulla complessa idea del margine, sulla condizione culturale e sulle dinamiche mentali che genera il vivere in periferia. In modo particolare nei suoi oramai 20 anni di studio, l’artista piemontese si è sempre più focalizzato sulle istanze estetiche e sul rapporto fra i diversi fattori che generano l’immaginario e la narrazione delle aree del margine.
Allontanandosi drasticamente dall’identificazione della periferia in quanto luogo del “brutto”, nel lavoro di Tibaldi risulta sempre tangibile un’astensione dal giudizio estetico, anzi ricordando le parole del filosofo Giuseppe D’Anna: Eugenio Tibaldi ha sviluppato forse l’unico atteggiamento corretto nei confronti del “diverso dell’altrove”, ovvero senza immaginarlo.
La processualità artistica di Tibaldi evita una rappresentazione fedele di questi luoghi e, mutuandone unicamente il metodo progettuale, istituisce un modello che sia imprevedibile, precario, dinamico e in continua espansione che si pone come l’unica possibilità per la sopravvivenza di estetiche imperfette.
Il risultato è apparentemente caotico, difficilmente definibile. Così come il modello di costruzione di una casa abusiva – la cui genealogia si deve adattare ai limiti temporali, economici e territoriali e anche al livello culturale del committente – allo stesso modo la metodologia lavorativa di Tibaldi si basa su una continua forzatura delle sue stesse meccaniche di funzionamento, si adegua costantemente all’imprevisto, alla disponibilità dei materiali e alle diverse singolarità che prendono parte al processo di creazione. Contemplando sempre la possibilità del fallimento, questo metodo lascia all’artista ben poco controllo sull’opera finale, facendo di Tibaldi il primo fruitore del suo stesso lavoro. La periferia raccontata da Tibaldi è quindi tutt’altro che un luogo residuale, rifugge la definizione di “non luogo”, anzi potrebbe essere definito come un “super luogo”, ferocemente dinamico, dove da necessità continue nascono metodi sempre più creativi al fine di valicare ostacoli e aggirare regole prestabilite. Da qui scaturisce l’idea che questo margine non possa rappresentare solo un luogo fisico, quanto soprattutto uno spazio mentale. Un luogo intimo e privato dove tutte queste meccaniche continuano costantemente a mettersi in discussione e che strutturano in un lento processo l’identità del luogo e di chi lo abita.
Ed ecco che HABITAT 01 prende forma come un percorso all’interno della psiche di un “attore” di cui non ci è dato sapere nulla. Piccoli dispositivi, prodotti comuni, apparentemente un caos di oggetti trova posto sui rami di un albero spoglio sospeso dal suolo. Come una complessa rete neurale l’elemento naturale connette gli elementi di una vita, diventa la struttura portante di questo spazio mentale, ne stabilisce il ritmo, si piega su sé stesso, prende direzioni innaturali e non prevedibili. Perfetta metafora del luogo periferico, questa scultura diventa il teatro di tutta l’azione. Questo è il luogo della creazione, di quei processi in continuo divenire che non seguono una linea retta, che non ade-riscono alla trionfante idea di un costante progresso lineare. No, questo è lo spazio di un’esistenza che non può non assumere quel carattere a tratti ossessivo, ma costantemente precario.
Ed è in quest’ottica che il contesto del resort Aquapetra, immerso nel verde dei boschi del Sannio, si sovrappone, come un ulteriore livello, al processo creativo di Eugenio Tibaldi. Aggiungendo un nuovo tassello all’opera dell’artista, continua così ad alimentare questo infinito processo di “post-produzione”.
L’opera HABITAT 01 di Eugenio Tibaldi resterà in esposizione ad Aquapetra fino a alla fine dell’anno, più recente tassello di una serie di eventi e servizi dedicati al mondo dell’arte e ai suoi operatori: gallerie, collezionisti, pubblico e critica in cerca di un nuovo modo di offrire e fruire l’arte contemporanea.
In collaborazione con la Galleria Umberto Di Marino
Marco Pio Mucci. Nei giorni di luce perfetta
Nei giorni di luce perfetta
Marco Pio nasce a Malevento, i registri cittadini riportano la data 23 Gennaio 1990, ma sull’attendibilità di questo documento nutriamo non pochi dubbi. La sua fu un’infanzia felice, particolarmente felice, circondata da mitezza e pietà cristiana. Da adolescente frequentò il cittadino liceo artistico statale di via Tiengo, a pochi metri dall’arco di Traiano, nonostante il saggio consiglio dei suoi genitori di optare per un liceo più sensato. Il professore di Storia dell’Arte Francesco Morante, famoso per la sua generosità nei voti, viene ancora oggi ricordato dal Muccio come persona fondamentale per il suo avvicinamento, ancora minorenne, alla pratica dell’arte.
Morante invitò Muccio appena sedicenne ad esporre i suoi lavori nella galleria Rossofenice, e siamo tutt’oggi a lui grati per avergli allora infuso sicurezza e deontologia professionale. Anche grazie a lui oggi continuiamo ad ammirare le opere del più maturo, ugualmente puro di spirito, Marco Pio.
Finiti i dolci anni del liceo Marco si trasferì a Milano, parrebbe con l’intenzione di frequentare l’accademia di Brera. Indipendentemente dalla qualità degli studi, furono anni ricchi di incontri prolifici e nuove amicizie, molte delle quali hanno resistito fino ai giorni nostri. Con un folto gruppo di compagni di accademia fondò, nella più mefitica e grigia periferia nord di Milano, lo spazio Armada, luogo, per anni, di un’aggiornatissima e stimata programmazione. Sul finire di questa esperienza un avvenimento traumatico interruppe il flusso degli eventi: a causa di un grave incidente, che egli stesso considera come potenzialmente mortale, fu costretto a letto per alcuni mesi, durante i quali, come altri prima di lui, si dedicò a profonde riflessioni e alla saggia pianificazione degli anni a venire.
Purtroppo però il cospicuo assegno risarcitorio della compagnia assicurativa Zurich, che trovò una volta rialzatosi dal letto di degenza, annullò tutta la saggezza accumulata in quei mesi.
Tornò a Milano, dove forte del suo capitale si diede a una vita di eccessi. Come prevedibile il denaro durò molto meno del previsto, si dice principalmente a causa della passione di Marco Pio per i ristoranti di pregio. Una piccola parte di quei fondi, per nostra fortuna, fu investita in acquisti massicci di fumetti, tra i quali ricordiamo Moebius, Ranxerox, Pazienza, Buzzati, Mattotti.
Consideriamo questo come un momento di svolta nella vita di Muccio, nel giro di pochi mesi fonda insieme all’amico Matteo Pomati, la casa editrice Mucci’s Comix, specializzata in fumetti, ribattezzata poi Sgomento Books. La pratica del disegno, lui dice quotidiana, e noi vogliamo credergli, influenzerà la sua pratica artistica tutta. Indipendentemente dal supporto, tela come carta, carta cotone nel caso dei lavori qui esposti, i soggetti sono trattati con la sveltezza e l’incisività tipici del fumetto. Tutti i soggetti hanno eguale dignità, aspetto questo peculiare del fumetto, che tutto tratta con gli stessi parametri, a tutti garantendo lo stesso grado di dettaglio. In questa mostra, dal felice titolo che leggete sopra, troverete: scheletri di motorini, sottopassi lugubri, archi di trionfo, orologi da intenditori, orologi da cafoni, alcolici dozzinali e molto asfalto. Tutto nell’opera di Muccio ha la stessa rilevanza, ed è in questa pietas nei confronti del mondo che lo circonda che noi individuiamo una qualità quasi epica. Muccio, in estrema sintesi, è il nemico dei nemici dello stupor mundi.
Testo di Daniele Milvio.
Petra Feriancová. Seclusion 2
Il lavoro di Petra Feriancová si basa sulla concettualizzazione dei processi emotivi relativi alla percezione, preparazione e memoria, e alle circostanze in cui questi vengono condivisi.
Come spesso accade nelle sue opere l’idea di itinerario assume un’importanza primaria; il viaggio nella memoria e nelle sensazioni sempre nuove che essa genera, non procede quasi mai come una narrazione lineare. Il tutto è basato sull’idea di associazione, di molteplicità, dove però il senso di un percorso assoluto, volto ad una conclusione definitiva, è vissuto come errore, trappola.
In occasione della mostra ad Aquapetra, l’artista ha scelto di presentare due corpus di lavori che in comune hanno il racconto personale della stessa.
Entrambi i progetti hanno origine nel 2009, anno in cui l’artista sceglie, per un lungo periodo, di non uscire di casa e di porsi dei limiti, quasi fosse in un contesto di clausura e isolamento.
Seclusion è una serie composta da scarti di immagini pensate originariamente per un album familiare. I collage di foto, scattate con iphone, rappresentano piccoli frammenti di vita quotidiana dell’artista durante la maternità, intesa in questo caso come un periodo di isolamento; sono di fatto piccole epifanie, scoperte dell’esistenza di una materia.
I marmi di travertino posti all’esterno dello spazio proseguono il discorso intimo dei collage. Questa serie di lavori nasce con l’intento di esplorare il limite che la stessa si è autoimposta nei confronti del mondo esterno.
Così come in Seclusion anche in queste opere traspare la necessità di eludersi dal mondo esterno. Le frasi incise sulle lastre sono estrapolate dal libro “Vol. II genus” scritto dall’ artista in un preciso momento della sua vita in cui scelse di cambiare l’utilizzo dei mezzi comunicativi, con l’intento di ritrovare un senso di libertà.
In collaborazione con la Galleria Gilda Lavia.
by Maurizio Esposito
by Danilo Donzelli